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L’impatto delle diete proteiche sulla funzionalità epatica
INTRODUZIONE
Il fegato è uno degli organi più importanti del corpo, partecipa alla stragrande maggioranza dei processi metabolici ed ha un ruolo insostituibile nella neutralizzazione delle tossine. Il nostro benessere è inevitabilmente legato alla sua piena funzionalità.
Il fegato produce e secerne la bile, usata per emulsionare i grassi. Svolge numerose funzioni nel metabolismo dei carboidrati: gluconeogenesi, glicogenolisi, glicogenosintesi. Il fegato inoltre interviene nel metabolismo dei lipidi: sintesi e catabolismo del colesterolo e dei trigliceridi. Produce la maggioranza dei fattori di coagulazione. Il fegato demolisce l’emoglobina, creando metaboliti che vengono aggiunti alla bile come pigmenti. Funge da deposito per numerose sostanze, tra cui il glucosio (come glicogeno), la vitamina B12, il ferro e il rame. Sintetizza numerosissime proteine ed interviene nel catabolismo delle stesse. Una delle principali attività del fegato è la disintossicazione dell’organismo da tossine, scorie ed altri ele- menti nocivi. La più importante di tali azioni disintossicanti è la trasformazione dell’ammoniaca presente nel sangue (so- stanza tossica derivata dalle proteine) in una sostanza meglio tollerata, l’urea, che viene quindi escreta con le urine.
Il fegato è, insomma, il laboratorio chimico del nostro organismo.
Andrebbe più spesso ricordato come nella medicina cinese, da più di 5000 anni, il fegato sia identificato come l’organo più importante nell’uso e nella distribuzione della “energia”, che il rene dispensa.
Durante le diete proteiche il fegato è impegnato nel processo
di chetogenesi ( produzione di corpi chetonici derivanti dalla intensa lipolisi in carenza di glucosio ), nella produzione di glucosio tramite il meccanismo della gluconeogenesi ( produzione di glucosio a partire dal catabolismo proteico ) e nel metabolismo proteico.
MATERIALI E METODI
Abbiamo arruolato, per uno studio sugli eventuali effetti negativi di una dieta proteica sulla funzionalità epatica, 282 pazienti , di cui 176 di sesso maschile (pari al 62,4% ) e 106 di sesso femminile (pari al 37,6% ). I criteri di inclusione erano la presenza di obesità ( classe I-III ) con BMI >30 o di adiposi- tà localizzata addominale o peritrocanterica; l’età dei pazienti doveva essere superiore a 18 anni ed inferiore a 70 anni; i pazienti non dovevano infine presentare valori alterati della funzionalità epatica. Tutti i pazienti sono stati arruolati dal 1 febbraio 2009 a 30 novembre 2009 presso l’ U.O. di Dietologia e Nutrizione Clinica dell’AORN Moscati di Avellino. A tutti i pazienti è stata somministrata per 21 giorni una dieta VLCD, da noi elaborata e definita Dieta Oloproteica, per sottolineare la composizione low carb e low fat della dieta e l’utilizzo di integratori proteici di alto valore biologico, arricchiti di particolari aminoacidi stimolanti l’anabolismo proteico ed il catabolismo lipidico.
C’è da premettere che esistono molte varianti di diete low carb. Si considera “povera di carboidrati” una dieta con meno di 60 g di carboidrati; inoltre c’è una ampia variabilità fra le varie diete ipoglucidiche relativamente alla quantità ed alla qualità dei grassi, per cui si differenziano diete low carb e low
fat da diete low carb e high fat; infine per quanto riguarda il contenuto proteico si distinguono diete normoproteiche o lievemente iperproteiche (da 1 a 1,5 g /kg di peso corporeo ideale) da diete indiscutibilmente iperproteiche (da 1,5 a 3 g o più/kg di peso corporeo ideale).
Caratteristiche salienti della Dieta Oloproteica sono: 1) 1,4 g di proteine e/o aminoacidi / kg di peso corporeo ideale. Sono utilizzate siero proteine di alta qualità, integrate da particolari aminoacidi quali arginina, ornitina AKG, citrullina, taurina, cistina, idrossiprolina, triptofano, da vitamina B 6 e zinco per indurre lo stimolo alla secrezione di GH, che ha attività protidosintetica e lipolitica; 2) <30 g di zuccheri/die; 3) <20 g di grassi/die, in prevalenza omega3 ed omega 9; 4) supplementazione di vitamine, minerali ed oligoelementi, antiossidanti, alcalinizzanti, secondo gli standard RDA 5) integrazione ottimale di fibre, di prebiotici, fermenti lattici, fitoterapici a prevalente attività drenante ed uricosurica 6) utilizzo di carnitina, Coenzima Q 10, fucoxantina ed acido alfa linolenico per ottimizzare il catabolismo lipidico.
Prima e dopo la Dieta Oloproteica ( il giorno antecedente l’inizio della dieta T0 ed il giorno successivo la fine della dieta T22 ) sono stati praticati i comuni esami di laboratorio di funzionalità epatica (ast, alt, cpk, ldh, gammagt, bilirubina totale, che, proteine tot).
RISULTATI
Dei 282 pazienti arruolati, 11 ( pari al 3,9% ) hanno abbandonato il programma dietetico dopo pochi giorni, senza che peraltro vi sia stata segnalazione di significativi effetti collaterali. 271 pazienti, di cui 101 di sesso femminile ( pari al 37,3% ) e 170 pazienti di sesso maschile ( pari al 62,7% ) hanno attuato con precisione il protocollo della Dieta Oloproteica e sono stati studiati relativamente alla funzionalità epatica prima e dopo la dieta. I risultati degli esami di laboratorio hanno evidenziato assenza di variazioni statisticamente significative, tranne una significativa riduzione delle ALT e delle gammaGT.
DISCUSSIONE
L’apporto quasi esclusivo di proteine, che rappresenta un apporto calorico molto basso, obbliga l’organismo ad utilizzare le proprie riserve energetiche.
Con la soppressione quasi totale dei glucidi, si ottiene un rapido calo dell’insulina che impedisce la messa in riserva di grassi e produce un catabolismo degli stessi per lipolisi. L’idrolisi dei trigliceridi, contenuti negli adipociti, li trasforma in glicerolo, che a sua volta contribuisce a migliorare la neoglucogenesi ed in acidi grassi liberi che favoriscono la produzione dei corpi chetonici e dunque la chetosi. Anche il grasso presente nel fegato, in particolare nei soggetti con aumentato grasso viscerale, è catabolizzato durante la dieta proteica, con conseguente miglioramento della funzionalità epatica.
Il fegato grasso non alcolico (steatosi epatica non alcolica) è un accumulo, diagnosticato sempre più frequentemente, di grasso nel fegato di uomini o donne che tendono a essere obesi e/o diabetici. Si verifica anche dopo un intervento di bypass digiunale, con la malnutrizione e in associazione a certi farmaci (p. es., i glucocorticoidi, gli estrogeni sintetici, l’amiodarone, il tamossifene). Può essere presente un’epatomegalia. Il fegato grasso non alcolico di solito ha una buona prognosi, senza un’evoluzione istologica o clinica. In alcuni casi, può invece mostrare un’accentuata fibrosi e un’evoluzione verso la cirrosi.
Pochi lavori sono stati inoltre effettuati per verificare l’impatto delle VLCD sulla funzionalità epatica.
Andersen nel 1992 evidenziava che le diete VLCD possono indurre lieve infiammazione e fibrosi portale. Inoltre segnalava che durante le VLCD il rischio di formazione di calcoli biliari era notevolmente aumentato.
Broomfield ed al. nel 1988 in uno studio controllato hanno dimostrato che il rischio di calcoli biliari durante VLCD era aumentato, ma poteva essere ridotto significativamente somministrando 1200 mg di Acido Ursodesossicolico al dì, al fine di ridurre la saturazione della bile con il colesterolo e di stimolare la motilità della colecisti, che sono le principali cause della formazione di calcoli biliari.
Williams ed al. nel 2007 hanno ulteriomente sottolineato l’importanza dell’acido ursodesossicolico nella prevenzione della formazioni di calcoli biliari in pazienti che avevano effettuato un intervento di gastroplastica verticale.
Weinsier ed al. nel 1995 hanno evidenziato che il rischio di calcoli biliari era notevolmente aumentato per diminuzioni di peso settimanali superiori a 1,5 Kg.
Shai ed al. nel 2008 hanno evidenziato che i test di funzionalità epatica non si modificavano a 24 mesi dopo dieta a basso contenuto di carboidrati, tranne i livelli di ALT che erano risultati significativamente ridotti.
Lin ed al. nel 2009 hanno rilevato che le VLCD miglioravano le NALFD ( steatosi epatica non alcolica).
Anche Browning ed al. nel 2009 hanno messo in evidenza come le VLCD, aumentando significativamente il catabolismo lipidico, riducevano l’accumulo di grasso nel fegato, migliorando la NALFD e prevenendo le patologie evolutive correlate ( steatoepatite, cirrosi e cancro del fegato ).
Nel nostro lavoro anche noi abbiamo, in coerenza con altri autori, osservato un miglioramento degli indici di laboratorio connessi alla steatosi epatica ( ALT e gammaGT ), mentre gli altri indici di funzionalità epatica sono risultati stabili dopo la Dieta Oloproteica. Non abbiamo, nel nostro studio, evi- denziato formazione di calcoli biliari, avendo protetto tutti i pazienti a rischio con 900 mg di acido ursodesossicolico e 240 mg di silimarina. Il nostro protocollo prevede inoltre utilizzo di molte sostanze drenanti e l’assunzione di abbondanti quantità di liquidi. Infine il protocollo della Dieta Oloproteica prevede una quota lipidica ridotta, con eliminazione quasi totale di grassi saturi. In ultimo c’è da sottolineare che il pro- tocollo della Dieta Oloproteica da noi utilizzato prevede una composizione sostanzialmente normoproteica della dieta( 1,4 g/ Kg di peso corporeo ideale). La quota proteica di 1,4 g/ Kg di peso corporeo ideale è stata stabilita in considerazione degli studi di Shils (1994) che hanno evidenziato che in assenza di carboidrati la ritenzione di azoto si riduce nel 40% nei due sessi. Il nostro obiettivo è quindi quello di perseguire il pareggio del bilancio azotato, senza determinare né un catabolismo della massa magra, né un inutile sovraccarico epatico e renale.
CONCLUSIONI
Diete a basso contenuto di carboidrati sono pertanto efficaci e non nocive a breve termine e possono avere benefici terapeutici per malattie croniche pesocorrelate, ma l’efficacia a lungo termine non è stata adeguatamente testata. In ogni caso per prevenire effetti collaterali ed in particolare evitare alterazioni della funzionalità epatica il protocollo deve rispondere scrupolosamente a requisiti di qualità e sicurezza.
A questi criteri risponde certamente il protocollo della Dieta Oloproteica che non ha determinato alcuna alterazione della funzionalità epatica.
mercoledì 21 settembre 2011